L'ultima di una lunga serie di collaborazioni (che in futuro esploreremo nella loro interezza) tra Bjork e Michel Gondry...
Sergio Di Lino da Cinemavvenire
"Impossibile da comprendere razionalmente" e "semplicemente geniale" sono due tra le locuzioni più ricorrenti quando si parla di Michel Gondry o di Björk, specialmente nelle non infrequenti circostanze in cui il cineasta francese e la musicista islandese si ritrovano a collaborare a un medesimo progetto. Talvolta le due locuzioni sono unite da un rapporto sillogico, in virtù del quale l’una è la scaturigine dell’altra. Il difficile è disancorarsi da questa selva di considerazioni, che ogni anno che passa rischiano sempre più di farsi luogo comune, specie se ci si trova a dover ricominciare daccapo al cospetto dell’ennesimo video spiazzante e disturbante dei due.
Eccoci allora a parlare di Declare Independence di Björk, video diretto da Michel Gondry di un brano tratto dal fortunato – ma meno di altri – album Volta. Ce la potremmo cavare sostenendo che il video è semplicemente "impossibile da spiegare" e va soltanto esperito come esperienza subliminale, oppure ricorrere a un cut’n paste delle più pittoresche definizioni che si trovano sul web (del tenore: "The Icelandic queen commands her colorful marionette army by screaming into a stylish megaphone"). Non renderemmo giustizia a questo Hellzapoppin’ di situazioni, fra gonzi in tuta con un casco in testa che saltellano (più o meno) a ritmo, Björk che ulula come un’ossessa dentro un megafono – effettivamente stylish, non c’è che dire – collegato a tutti gli altri elementi da un paio di fasci di cavi, un disgraziato bassista sospeso in aria, alcuni action painters che lasciano delle strisce di colore su un nastro bianco che scorre davanti a loro, degli spruzzatori che irrorano di colore i cavi di cui sopra… Ci sarebbe materiale per riempire una dozzina di sedute di psicanalisi, dunque è meglio lasciar perdere…
Semmai, concentriamoci sul look del video, che qualcosa di nuovo da dire lo ha anche se non afferisce all’aspetto enunciativo dello stesso. Qui la posta in gioco è, al contrario, proprio l’apparato visuale della messa in scena di Gondry, che per Declare Independence rinuncia, un po’ a sorpresa, all’abituale rifugio nella dimensione onirica dell’immagine. Opaco, per nulla fluido o evocativo, il video di Declare Independence poggia su una stolida assertività, su un’ambientazione techno-industrial che pare una versione edulcorata e – bene o male – "digeribile" dell’universo musicale degli Einstürzende Neubauten. Come se del sogno, e della visionarietà a esso collegata, nell’epoca della rivoluzione tecnologica non restassero che le eccentriche immagini di superficie, simulacri che si autoesiliano volontariamente dalla loro immaginifica scaturigine.
Insomma, stando al solo Declare Independence, c’è aria di cambiamento in seno allo sguardo di Gondry: lo avevamo auspicato all’epoca di The Science of Sleep; ora non sappiamo se temerlo o attenderlo con ansia…
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