lunedì 9 giugno 2008

MILLENNIUM MAMBO di HOU HSIAO-HSIEN

Un incipit incredibile.

Quante volte è possibile vederlo? Ogni volta cogliendo qualcosa che prima ci era sfuggito? Perchè sentire il bisogno di ritornarci? Per ritrovare che cosa? E perchè mi sembra di essere io lì dentro, che mi guardo guardare? Perchè poi mi fermo, e sparisci? Dove stai andando? E perchè sembri così felice? Dove ti trovi? In che città? Che ora è (laggiù)? Perchè ti volti a guardarmi? Dove vai? Chi sei?

Dev'essere un fantasma. E' il fantasma. Il fantasma del cinema. Che si ritorna a cercare. Sempre. Che è lì. E che non è mai davvero lì. Che lo insegui, sei lì ad un passo, potresti toccarlo, se vuoi, potresti allungare la mano. E alla fine invece si rimane in cima alle scale. Vorresti scenderle per continuare a seguirlo. Per sempre. E poi c'è il buio.

Più in là, verso la fine del film, lei imprimerà il suo volto nella neve. E noi cercheremo di riconoscere, nel bianco del fotogramma, le linee del suo volto.



Carlo Chatrian - Cineforum n. 406

Prima di raccontare la giovinezza di Vicky, divisa tra due amori e sentimenti contrastanti,
Millennium Mambo – dopo aver seguito la silhouette della protagonista lungo una pensilina – descrive una scena apparentemente
incongrua. Si tratta del numero di un prestigiatore che incanta un gruppo di giovani (tra cui Vicky) in un bar. Più che all'abilità
dell'incantatore lo sguardo va all'estasi degli spettatori. Hou Hsiao Hsien filma il trasporto emotivo dei ragazzi, inserendo l'intero film
sotto l'egida di questa sequenza. Oggetto dello sguardo non sarà solo (o non tanto) la realtà sociologica e psicologica di un gruppo di
giovani (attraverso un loro rappresentante), ma soprattutto l'incanto che s'interpone tra chi guarda e chi è visto. Un incanto che
mescola i concetti di distanza e prossimità: per tutto il film la macchina da presa – molto mobile – bracca da vicino la protagonista e
ciò nonostante per tutto il film la natura della ragazza (il motivo del suo agire) non viene svelata. Proprio come al cinema: stare più
vicino non significa vedere meglio, ma vedere altrimenti. Senza dubbio, partecipare di più.
Fin da questo incipit Millennium Mambo mostra la sua natura: il suo essere film sul cinema (su quel cinema che imita la passione e le
distorsioni proprie del ricordo). Non è necessario arrivare alla fantastica "strada"zeppa di manifesti in un villaggio innevato del Nord
del Giappone, per rendersi conto che il regista sta predisponendo un grande omaggio alla magia della settima arte; la conclusione
svela piuttosto l'altra faccia –invisibile, se non in negativo, come l'impronta del volto lasciata sulla neve –delle opere di Hou Hsiao
Hsien. Vale a dire la magia del cinema come impossibile presentificazione del ricordo. La voce narrante della protagonista sancisce le
coordinate temporali dei frammenti di storia visti, situandoli al passato. Insieme alla posizione della narratrice s'intuiscono anche le
manipolazioni compiute verso un racconto che credevamo lineare e che invece ha giustapposto frammenti autonomi. I tre fili
narrativi (l'amore-odio con il geloso e possessivo Hao-hao; l'amicizia con il protettivo e misterioso gangster Jack; la vacanza-fuga nel
Nord del Giappone) sono avvenimenti unici, che non si alternano se non nella forma che il ricordo dà loro. È sulle modalità con cui
questa forma perpetua l'inganno che il film si sofferma. Come al cinema – che magico non è ma che fa credere cose che non
esistono – come se fossimo dentro un film, vediamo concatenati avvenimenti che non lo sono. Ci domandiamo increduli come Vicky
continui a restare con Hao-hao, progettiamo una relazione stabile tra lei e Jack, ipotizziamo una possibile storia con l'amico
albergatore in Giappone. Completamente sovrapposti alla psiche di Vicky, partecipiamo delle sue illusioni, che riguardano un passato
concluso e molto diverso dalla realtà del presente invisibile (la ragazza vive con quel Hao-hao tanto odioso).
Affidandosi alla magia (e all'inganno che ogni ipnosi sottende) il regista dà al ricordo la libertà che solo il presente possiede. Il
cinema, arte del presente, riesce ad insufflare corpo e anima alle fantastiche alternative in cui la mente di Vicky fluttua. Partendo da
questa posizione si spiegano i trucchi messi in atto: come non è importante seguire una narrazione troppo franta, così non è
fondamentale anatomizzare le volute della mdp, rilevando gli eventuali raccordi nascosti. Oggetto della visione è il piacere ipnotico
delle immagini, che si succedono dando l'illusione – o l'impossibile verità – di spazi ed emozioni contigui. Come accade in uno dei
piani-sequenza più "azzardati" e "magici" del film, quando tra le luci abbaglianti della discoteca (che ripetono il flusso intermittente
di fotogrammi luminosi e nero del proiettore) e i riflessi sui corpi nudi dei due giovani la ripresa crea un'impossibile via di contatto,
dando l'impressione di spazi comunicanti con un solo gesto dello sguardo e del pensiero.
La manipolazione di una delle figure, cui il regista ha da sempre affidato il suo messaggio (il piano-sequenza), impone anche un altro
ordine di riflessioni. Soprattutto se raffrontato con il precedente Flowers of Shanghai, che di soli piani-sequenza era composto. In
quell'occasione si trattava di esplorare un'epoca lontana (la fine dell'Ottocento) e uno spazio unitario (una casa d'appuntamenti a
Shanghai). Procedendo per scene definite Hou Hsiao Hsien descriveva gli albori di un mondo, in cui gli uomini potevano ingannarsi
sui loro sentimenti,ma il visivo svelava le passioni che si agitavano nei loro cuori. In Flowers of Shanghai il piano-sequenza era la
garanzia di verità della perfetta corrispondenza tra visione ed essenza della situazione. Per come tratta lo spazio e il tempo,
Millennium Mambo rappresenta l'estremo opposto. Dal pre-cinema si arriva alla fine di un ciclo. Di fronte ad una realtà che ha
imparato ad ingannare non solo con le parole ma anche con le immagini, il soggetto non può che affondare in questo stesso inganno,
trovandovi le ragioni di un'altra verità. Il piano-sequenza resta, quindi, anche quando è pura illusione. È l'incanto, la magia per il
kinema (il movimento anche quando esso è apparente), ad evitare la disgregazione del cinema in collage (in questa direzione lavora
l'amico Edward Yang). Il millennio, che il film vuole omaggiare, si ripiega su stesso e ritrova la magia di Méliès, che inganna e
ingannando ci dice cose più vere sulla realtà della comunicazione. Su cosa è possibile e su cosa è importante dire. Potrebbe
sembrare un canto del cigno questo film "millenario" di Hou Hsiao Hsien, in quello «sguardo gettato a immobilizzare per sempre una
delle tante foglie che alitano nel vento, con comprensione e simpatia» (questa la sua dichiarazione sull'umore che lo ha
accompagnato) passato e futuro si danno la mano. È come se l'azione di proiettarsi in un tempo trascorso generasse da sé altre
ipotesi, da seguire come se fossero storie autonome. Nella completa libertà di racconto, concessa al suo personaggio (Millennium
Mambo è il film più scevro da ogni psicologia o struttura finalistica che si possa pensare) si ritrova il nucleo etico di questo maestro
orientale. Forse, vedendo film, altro non facciamo che ricostruire momenti del passato, dando loro una forma affatto nuova. Se il
cinema è atto intimo, associabile a fenomeni psichici così privati da tenerli protetti ai nostri stessi occhi, la «magnifica ossessione» di
Hou Hsiao Hsien è quella di non imporre una forma ai nostri sogni. Lasciarci liberi nell'affrontare il ricordo di un passato-futuro che ci
accompagna giorno dopo giorno.

5 commenti:

Zonekiller ha detto...

Ciao! Con le carenze distributive e la possibilità di creare blog di cinema, i cineclub stanno conoscendo una seconda giovinezza...quello che manca un po' almeno a noi sono gli spettatori...siamo uno storico cineclub di Faenza...complimenti per il blog, vi abbiamo linkato sul nostro: www.scaglie.it

Anonimo ha detto...

grazie per la visita...noi siamo un cineclub giovane giovane...lavoriamo da un paio d'anni...non � facile, ma il pubblico c'�...tutto sta nel riuscire a risvegliarlo dal torpore delle multisele e della t
v...verremo a trovarvi sul vostro blog...

ciao, francesco

Anonimo ha detto...

che bello leggere un pezzo così approfondito su hou hsiao hsien. e millennium mambo è il suo flm più accattivante. in questi giorni dovrei vedere time to live time to die.
ciao.

chimy ha detto...

Bel film davvero. Molto profondo. Incipit da brividi...

Christian ha detto...

Gran bel film, uno dei migliori di HHH (del quale ho apprezzato moltissimo anche "A time to live and a time to die" e pochi altri). Per me Shu Qi è una delle donne più belle del mondo, ho recuperato tanti film hongkonghesi di medio livello soltanto perché c'era lei come protagonista!